7 luglio 2022

A cura di Michele Trabucco

Abbiamo incontrato don Daniele Saottini, Responsabile del Servizio nazionale IRC della CEI nel suo ufficio di Brescia, in un pomeriggio di ritorno da Roma, e gli abbiamo rivolto alcune domande. Il Servizio Nazionale per l’IRC, come leggiamo sul sito internet https://irc.chiesacattolica.it/, in collegamento con la Segreteria Generale, è incaricato di seguire le questioni relative all’insegnamento della religione cattolica nella scuola, alla promozione della disciplina scolastica nello specifico e nella possibile interdisciplinarità, ad elaborare strumenti e sussidi per l’aggiornamento permanente degli insegnanti di religione, alla sensibilizzazione delle Chiese particolari sulle questioni educative legate alla presenza dell’IRC nella scuola come una risorsa culturale ed educativa per la stessa.

1. Come sono interpretati dal Servizio Nazionale IRC della CEI i dati degli alunni che decidono di avvalersi dell’ora di Religione Cattolica (reperibili su https://irc.chiesacattolica.it/category/dati-avventisi/)? Sembra evidente una continua diminuzione del loro numero nel corso degli ultimi anni.

Innanzitutto potrà apparire strano, ma i dati completi degli alunni avvalentisi dell’IRC non sono resi pubblici dal Ministero dell’Istruzione.
Da quasi quarant’anni la CEI raccoglie autonomamente i dati attraverso la collaborazione volontaria di Scuole e Docenti di IRC, ma i dati sono naturalmente parziali.
In ogni caso, sul sito del Servizio CEI sono riportate le percentuali annuali (con la suddivisione per macro-aree) del numero di alunni avvalentisi ed esse, pur mostrando un leggero calo costante, testimoniano che più dell’84% di tutti gli alunni italiani scelgono ancora di frequentare una disciplina scolastica che è liberamente scelta e che “non fa media”.
È vero che esistono molte differenze per le diverse aree geografiche del paese oppure legate al grado scolastico (nelle Superiori gli alunni italiani che si avvalgono dell’IRC sono poco più del 75%), ma questi dati confermano l’eccellente lavoro svolto dai docenti e la loro capacità di coinvolgere tutti gli alunni.

2. Come si pone la CEI nei confronti degli alunni di altre religioni (sempre più presenti in Italia) che si avvarrebbero dell’insegnamento di religione cattolica ma hanno ‘paura/indifferenza/sospetto/ostilità’ di fare tale scelta?

Questo quesito appare problematico e provocatorio solo se si guarda all’IRC con uno sguardo superficiale.

Se è vero che ci possono essere genitori o studenti che dichiarano di manifestare “paura /indifferenza /sospetto /ostilità” verso l’IRC, va però ribadito che ciò è dovuto principalmente ad una conoscenza non completa né corretta della questione: da anni tutti sanno (o dovrebbero sapere!) che la legge italiana prevede che questa materia scolastica NON assuma assolutamente una forma “catechistica” il cui fine possa essere quello di “convertire” o indottrinare alcuno (nemmeno per convincere gli stessi cattolici ad andare in chiesa!), ma è una disciplina che risponde alle stesse finalità scolastiche di tutte le altre discipline.

Su questo aspetto la legge è molto chiara e ogni insegnante di religione cattolica (IdRC) sa che su questo aspetto gioca gran parte della propria professionalità.

Nei fatti, poi, basta entrare in qualsiasi aula scolastica durante l’ora di IRC per osservare che gli alunni non sono solo “fedeli” cattolici (che vanno a Messa tutte le domeniche!) ma sono studenti di varie etnie e culture, il cui dato di fede personale è assolutamente riservato e non vincolante né per la scuola, ad esempio per formare le classi, né per il docente, il quale non è chiamato a parlare della sua esperienza di fede personale, ma affronta i vari argomenti previsti dalle Indicazioni nazionali aprendosi al dialogo con tutti (anche coloro che non hanno una religione) nel rispetto della prospettiva offerta dalla dottrina cattolica.

Perché queste non appaiano solo buone intenzioni, ricordo l’inizio dell’Intesa vigente, il DPR 175/2012:

“1.1. Premesso che l’insegnamento della religione cattolica è impartito, nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni, secondo indicazioni didattiche che devono essere conformi alla dottrina della Chiesa e collocarsi nel quadro delle finalità della scuola,…”

Per questo motivo, ribadisco che è previsto un rispetto assoluto per la libertà di coscienza degli alunni che frequentano l’IRC, soprattutto i più piccoli, e questo deve far superare ogni timore.

Infine, non è corretto pensare che i “non-cattolici” non possano frequentare l’IRC, né che la loro scelta di fede debba comportare automaticamente la possibilità e neppure l’obbligo di non avvalersi di questa disciplina.

3. Il percorso formativo per diventare insegnante di RC è legato al curriculum universitario ecclesiastico/pontificio: quali sono i numeri di iscritti alle facoltà? Quanti di questi sostengono tale percorso al fine di diventare insegnante di RC? Quante sono le ‘cattedre’ disponibili rispetto al numero di persone che escono dal ciclo formativo di insegnante? C’è una corrispondenza tra “domanda di insegnanti e offerta”?

Le domande sollevano una serie di questioni che proverei a raggruppare in due gruppi:

A. Innanzitutto l’IRC è una materia scolastica pienamente legittima e quindi per poterla insegnare è necessario essere in possesso di un titolo di studio adeguato (la normativa
europea indica che per insegnare qualsiasi disciplina scolastica è necessaria una Laurea Magistrale quinquennale) e questo vale in generale anche per l’IRC.

Tuttavia, per riuscire a comprendere meglio la situazione italiana (molto diversa da quella degli altri Paesi) è opportuno ricordare alcuni momenti della storia italiana e in particolare della storia delle Facoltà teologiche in Italia:

– Dopo l’unificazione italiana e nel pieno dello scontro per la Questione romana, il Regio Decreto n. 1251 del 26 gennaio 1873 impose la chiusura delle Facoltà di Teologia in tutte le Università del Regno d’Italia.

Da questo momento, l’insegnamento della Teologia in Italia venne svolto solo dalle Facoltà Teologiche pontificie o comunque riconosciute dalla Santa Sede.

Tuttavia, poiché la legge Casati aveva introdotto nelle scuole elementari l’insegnamento religioso, questo era affidato ai maestri che comunque erano sottoposti ad un controllo della Chiesa.

– Dopo molti decenni, si raggiunse un accordo sul rapporto tra il Regno d’Italia e la Santa Sede e l’articolo 36 del Concordato fra la Santa Sede e l’Italia (11 febbraio 1929) contiene l’approvazione esplicita per questo particolare insegnamento che aveva connotazioni molto catechistiche:

L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato.

Gli insegnanti continuarono ad essere soprattutto sacerdoti o comunque maestri sottoposti ad una verifica ecclesiastica.

– Dopo la Seconda guerra mondiale, si susseguirono varie proposte di riforma dell’insegnamento religioso, fino a quando l’Accordo di revisione del Concordato (18 febbraio 1984) giunse a queste affermazioni:

(art. 9.2) La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.

Nel 1984 nacque quindi la nuova materia scolastica chiamata “insegnamento della religione cattolica” e nel 1985 venne stipulata un’Intesa CEI-Ministero che ne definiva le caratteristiche principali.

Tra di esse si specificava che per poter insegnare questa disciplina era necessario essere preparati in maniera specifica: perciò accanto ai preti che avevano studiato in Seminario, era necessario che i maestri e professori laici potessero avere una formazione approfondita per tale insegnamento scolastico.

Fin da subito, quindi, nacquero gli Istituti di Scienze religiose che si impegnarono in quasi tutte le Diocesi a formare soprattutto dei laici ben motivati attraverso percorsi triennali o quadriennali.

In seguito, è stato necessario accrescere e definire meglio il percorso di preparazione dei docenti (anche nel rispetto del processo di Bologna che chiede a tutti i docenti il possesso di una Laurea Magistrale) per cui è stato fatto un lungo lavoro confluito nella nascita degli “Istituti Superiori di Scienze Religiose” attraverso una Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede pubblicata il 13 giugno 2008.

Questo è il percorso accademico che oggi è considerato necessario per l’IRC, ma il lavoro non è ancora completato: in questi anni un tavolo di confronto tra la Santa Sede e lo Stato Italiano sta cercando di giungere al pieno riconoscimento di tutti i titoli di studio teologici all’interno della normativa italiana (anche se la Laurea Magistrale in Scienze Religiose è già il titolo di studio specifico per insegnare una disciplina scolastica prevista nell’ordinamento italiano).

B. Cercando ora di rispondere ai quesiti più concreti, purtroppo non sono in possesso dei dati riguardanti il numero degli studenti degli ISSR e più in generale delle Facoltà teologiche in Italia.

Riguardo, invece, al numero degli insegnanti di religione cattolica in Italia, attualmente sono circa 24.000 (oltre ad un certo numero di insegnanti di classe nella Primaria o di sezione nell’Infanzia che insegnano anche IRC nelle proprie classi).

Poiché per l’eventuale sostituzione di questi docenti, è necessario avere a disposizione un numero proporzionato di supplenti, si può intuire quanti dovrebbero essere il numero di coloro che si preparano all’insegnamento: infatti, come è naturale, e soprattutto l’emergenza COVID ha mostrato, è necessario avere sempre a disposizione un buon numero di docenti già preparati che possano essere assunti come supplenti per le varie situazioni che si possano presentare. Inoltre, nei prossimi anni sarà necessario inserire un ulteriore numero di nuovi docenti perché nel frattempo sono maturati i tempi di pensionamento per coloro che hanno iniziato ad insegnare molti anni fa.

Per questo auspichiamo che gli ISSR e le Facoltà Teologiche curino e favoriscano la formazione di laici disponibili ad intraprendere questa professione che è soprattutto un servizio.

4. Perché i testi di IRC devono avere l’imprimatur per essere pubblicati e adottati nelle scuole? Questo invece non avviene per le altre materie (che non devono richiedere nessun nulla osta da Ministero o altro ente statale). Sarebbe sufficiente la coerenza e fedeltà alle Linee programmatiche del Ministero?

La risposta più semplice e chiara è perché così prevede la legge!
Infatti, poiché l’IRC è “impartito … secondo indicazioni didattiche che devono essere conformi alla dottrina della Chiesa” è necessario che la Chiesa possa analizzare ed approvare i testi che presentano la sua dottrina.

In concreto, l’Intesa DPR 175/2012 dedica il terzo capitolo proprio ai criteri per la scelta dei libri di testo.

In particolare, cito due paragrafi che evidenziano gli elementi fondamentali dei testi di IRC:

3.1. Premesso che i libri per l’insegnamento della religione cattolica, anche per quanto concerne la scuola primaria, sono testi scolastici e come tali soggetti, a tutti gli effetti, alla stessa disciplina prevista per gli altri libri di testo,

3.2. I libri di testo per l’insegnamento della religione cattolica, per essere adottati nelle scuole, devono essere provvisti del nulla osta della Conferenza episcopale italiana e dell’approvazione dell’Ordinario competente, che devono essere menzionati nel testo stesso.

È vero che ciò non è prescritto per le altre discipline, ma più che un vincolo, a me sembra un aiuto prezioso per accompagnare Autori ed Editori a valorizzare il loro impegno e la loro creatività per produrre dei testi che siano veramente validi e utili agli studenti: in questi anni ho potuto verificare personalmente che il percorso di concessione del Nulla Osta e dell’Imprimatur, infatti, è stato visto quasi sempre non tanto come un elemento di controllo o di costrizione, ma come un’occasione ed uno stimolo per cercare di pubblicare sempre testi migliori ed efficaci.

A puro titolo esemplificativo, ricordo che in questi ultimi dieci anni (da quando sono entrate in vigore le nuove Indicazioni Didattiche) sono stati pubblicati ben 169 nuovi testi di IRC (di cui 67 per la Primaria, 56 per la Secondaria di primo grado e 46 per la Secondaria di secondo grado): non so quale altra disciplina scolastica (letteratura, storia, filosofia…) abbia un numero così significativo di testi a disposizione, capace di rivolgersi in maniera adeguata ad alunni che vivono in territori diversi e scapaci di accompagnare gli stili didattici propri di ciascun docente.

5. Nell’attuale emergenza di profughi ucraini o di altri Paesi extra UE entrati improvvisamente nelle classi, l’ufficio scuola della CEI ha predisposto percorsi/linee/indicazioni anche per le scuole? Se sì: che tipo di supporto all’insegnamento religioso è previsto per questi ragazzi?

L’opera di accoglienza dei ragazzi e adolescenti profughi avviene naturalmente a livello locale e quindi sono soprattutto le realtà scolastiche e diocesane che stanno generosamente svolgendo questo indispensabile servizio grazie alla preparazione e alle competenze che da anni mettono in campo per accogliere alunni che provengono da altri paesi.

Gli Uffici della CEI che si interessano del mondo scolastico (l’Ufficio nazionale per la Scuola, l’Educazione e l’Università e il Servizio Nazionale per l’IRC) seguono con attenzione questa situazione: siamo in contatto con la Caritas nazionale e con le varie realtà territoriali per
eventuali bisogni specifici, ma per ora l’emergenza ha richiesto soprattutto una prima accoglienza piena e totale per ciascun ragazzo.

In ogni caso ricordo che, proprio per la sua naturale disponibilità all’incontro e alla valorizzazione di ciascuno, in molte scuole è proprio l’IdRC che è incaricato dal Dirigente per svolgere abitualmente questa fase di accoglienza e di primo inserimento di tutti gli alunni che dovessero essere accolti a scuola.

6. Esiste una proposta/possibilità di rendere RC una materia con una sua propria corrispondente classe di concorso?

L’IRC è già una materia scolastica di pari dignità con tutte le altre, con un proprio organico di ruolo e dei docenti che hanno una preparazione accademica equivalente a quella di tutti i docenti delle altre discipline.

Se la questione riguarda il fatto di avere un “numero di codice”, da anni se ne sta parlando con il Ministero, ma va ricordato che per partecipare ad un concorso per l’IRC è necessaria una preparazione accademica specifica e l’Idoneità diocesana: questo rende di fatto impossibile che ci siano candidati che provengono da altri percorsi di formazione all’insegnamento.

Se invece il problema riguarda il fatto che un docente di religione cattolica possa insegnare anche altre materie, ciò dipende dalla sua preparazione accademica specifica: il problema principale riguarda il riconoscimento civile dei titoli di studio teologici, ma di questo ne abbiamo già parlato.

Ricordo, infine, un esempio che mostra concretamente l’effetto di avere una classe di concorso: ai laureati in Scienze delle Religioni (che però non corrisponde affatto alla Laurea in Scienze Religiose) è stata assegnata la classe di concorso LM64, ma questo titolo di studio permette loro di insegnare italiano, storia o filosofia in base agli esami specifici sostenuti, ma non permette di insegnare religione cattolica!

7. Come si piega dal suo punto di vista la mancanza di concorsi per IRC dal 2004? Perché non è data la stessa possibilità di formazione e reclutamento per tutti gli insegnanti della scuola italiana?

Dopo il concorso del 2004 non ne sono stati banditi altri!
A fronte di continue e sempre più insistenti pressioni, non solo da parte dei docenti, dei sindacati, ma anche della stessa corte di Giustizia europea, il Parlamento italiano, dopo una prima apertura contenuta nell’art.1-bis della legge 159/2019, lo scorso 29 giugno 2022 ha finalmente approvato la legge 79 che contiene nel comma 9 dell’art.47 un’indicazione specifica per lo svolgimento di due procedure concorsuali di cui una dovrebbe essere ordinaria e una straordinaria riservata agli IdRC che insegnano da più di 3 anni.

Nei prossimi mesi cercheremo di aiutare e sostenere il Ministero nell’elaborazione e nella pubblicazione dei due Bandi perché i Concorsi possano essere svolti in maniera rapida ed efficace, rispondendo in maniera adeguata alle legittime esigenze dei docenti.

8. Esiste a livello europeo un coordinamento, commissione o altro tra uffici scuola dei diversi Stati almeno della UE?

Nonostante i molti contatti tra i diversi uffici nazionali che seguono il mondo della scuola e dell’educazione, non esiste un coordinamento specifico per l’insegnamento della religione perché le situazioni e le normative scolastiche nazionali sono troppo diverse.

A riprova di ciò, si può consultare il volume L’insegnamento della religione risorsa per l’Europa (a cura della CEI, Elledici, 2008) che contiene gli Atti della Ricerca del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa svolta circa 15 anni fa ed ha coinvolto ben 29 paesi europei che hanno presentato la propria situazione nazionale: questa ricerca ha evidenziato proprio che le modalità concrete di svolgimento di questa disciplina sono veramente diverse e spesso non confrontabili.

9. Come si pone la CEI di fronte alle sempre più pressanti istanze di riforma dell’insegnamento di RC in Italia che sembrano muoversi verso l’istituzione di un insegnamento laico sul fatto religioso/sulle religioni? Quali sarebbero gli spazi di dialogo all’interno di una riforma che prevedesse la rinuncia della specificazione “cattolica” dalla denominazione dell’insegnamento?

Prima di provare a condividere una risposta, vanno definiti una serie di parametri per riuscire a trovare un linguaggio comune!

Anche solo pensando alla situazione europea e alle diverse sensibilità o convinzioni, esiste una definizione condivisa di “fatto religioso/religione”?

Si intende ipotizzare una possibile presentazione “neutra” di una religione o, al contrario, si pensa di suddividere gli argomenti tra le diverse religioni? A puro titolo esemplificativo, si ritiene possibile elaborare delle Indicazioni Didattiche condivise tra le varie Religioni, oppure si pensa di costruire un percorso di Storia delle Religioni, paragonabile al corso di Storia della Filosofia nei Licei?

E poi, pensando alle fatiche per la disciplina trasversale “Educazione civica”, quali contenuti specifici dovrebbero essere proposti? Quali docenti dovrebbero o potrebbero insegnare questa disciplina “religiosa”?

E chi potrebbe o dovrebbe garantire la loro qualità, l’obiettività e il rispetto di ciascuna sensibilità?

Questi sono solo alcuni esempi di problemi concreti di cui va almeno esplicitata quale soluzione si intende adottare, prima di poter realisticamente istituire un tavolo di dialogo concreto con chi propone o sostiene una trasformazione così radicale di una disciplina che
negli anni ha dimostrato di essere in grado di offrire un percorso didattico adeguato e gradito alla quasi totalità degli alunni e dei genitori che hanno scelto l’IRC.

Grazie per l’occasione che mi avete offerto.

don Daniele Saottini

 

Schermo Intero
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