A cura di Giulia Conti, con la collaborazione di Filippo Mariani e Martina Cittadini

Abbiamo intervistato il professor Ivano Mariconti, presidente del Co.Ge.D. (Coordinamento Genitori Democratici) di Lodi e docente di religione presso un liceo della stessa città.
Abbiamo rivolto anche a lui le medesime domande relative alla problematica dell’insegnamento alternativo ad IRC, per indagare questa delicata questione non solo dal punto di vista dei docenti, ma anche da quello dei genitori.

1. Il numero degli avvalentesi all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane è in calo. Perché i ragazzi optano sempre più per non usufruire di questo insegnamento? È utile, ai fini educativi, l’insegnamento della religione cattolica?

Ritengo che la diminuzione degli avvalentesi sia conseguente al calo della pratica religiosa in Italia ed anche al fatto che la Chiesa oggi non sia più considerata come un’agenzia educativa che risponda alle esigenze delle nuove generazioni. Il fenomeno della secolarizzazione sicuramente incide sulla frequentazione dell’ora. Personalmente ritengo che l’insegnamento dell’IRC possa avere oggi una grande valenza educativa soprattutto per recuperare le lacune di un grande analfabetismo religioso che non permette di comprendere buona parte della cultura letteraria ed artistica italiana. Inoltre, dopo la revisione concordataria del 1984 l’ora di IRC ha assunto una forma più culturale e meno confessionale. Dopo l’avvento del pontificato di papa Francesco e in seguito alla globalizzazione, anche religiosa, l’ora di IRC può assumere una grande valenza dialogica nei confronti delle altre confessioni religiose e delle altre religioni presenti nei nostri confini.

2. L’ora alternativa. Lasciare che siano le singole scuole a scegliere tra varie attività che spaziano da musica a un’ora di buco vi sembra un’opzione valida, o trovereste più utile una soluzione unitaria pensata su scala nazionale? Quali vi sembrano le attività più indicate, tra quelle attualmente proposte?

Reputo che l’ora di alternativa debba essere resa obbligatoria per coloro che non si avvalgono e vi dovrebbe essere una soluzione unitaria su scala nazionale. Le attività proposte in alternativa dovrebbero riguardare la Costituzione, i diritti umani, l’Agenda 2030 e i temi etici e sociali.

3. L’insegnamento della religione cattolica è l’unico al quale la classe non partecipa in modo unitario. Che impatto ha questo aspetto sulla formazione dei giovani?

Ad oggi la partecipazione non unitaria può creare alcune contraddizioni. Agli avvalentesi vengono proposte alcune attività (come uscite didattiche che toccano tematiche religiose ma che impattano sulla classe intera: ad esempio la visita ad una sinagoga o al museo della cultura ebraica). Queste attività che potrebbero tranquillamente interessare l’intera classe vengono pianificate all’interno di un percorso formativo che interessa gli avvalentesi, ma che potrebbe riguardare anche i non avvalentesi (ad esempio un percorso di conoscenza dell’Ebraismo). In questo caso i non avvalentesi non hanno la possibilità di aggregarsi oppure, nel caso si aggregassero, il loro percorso rischierebbe di essere privo di un background che li agevolerebbe nella comprensione della visita ad un luogo che ha una forte valenza religiosa e civile. Credo inoltre che sia utile anche educare le nuove generazioni a non escludere una dimensione spirituale dell’essere umano che altrimenti rischia di essere “schiacciato” esclusivamente su una dimensione orizzontale.

4. Secondo la vostra esperienza, sarebbe vantaggioso affiancare all’insegnamento della religione cattolica insegnamenti facoltativi di altre fedi religiose? Oppure trovereste più indicato un insegnamento sostitutivo di IRC e plurale, un insegnamento delle religioni o del fatto religioso? Perché?

Ritengo sia doverosa oggi la conoscenza di altre fedi e confessioni religiose, soprattutto per toglierle da ambiguità e fondamentalismi e per creare una cultura che possa contribuire alla demolizione di pregiudizi che una scarsa conoscenza spesso contribuisce a creare. L’attuale ora di IRC si muove in tal senso. Consiglierei la lettura di un breve e agevole testo, altamente pregnante, dal titolo “L’analfabetismo biblico e religioso. Una questione sociale” a cura di Brunetto Salvarani (Edizioni EDB).

5. In quanto genitori, quale contributo avete dato – o pensate di dare – al dibattito?

Sono genitore e contemporaneamente docente IRC presso un liceo scientifico e pertanto credo di contribuire al dibattito presentando un’idea di una religione che
abbia grande valenza nella formazione umana, che non escluda la sfera trascendente della persona e al contempo possa muoversi su un versante dialogico con altre religioni/confessioni/ culture.

 

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