A cura di Michele Trabucco e Filippo Mariani

Abbiamo rivolto alcune domande relative alla problematica dell’insegnamento alternativo ad IRC alla professoressa Cristina Costarelli, Dirigente Scolastico del Liceo Newton di Roma, nonché presidentessa dell’ANP Lazio. L’ANP è l’associazione sindacale più rappresentativa della dirigenza scolastica in Italia.

1. Il numero degli avvalentesi all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane è in calo. Perché i ragazzi optano sempre più per non usufruire di questo insegnamento? È utile, ai fini educativi, l’insegnamento della religione cattolica?

L’insegnamento della religione cattolica ha sicuramente un forte valore a livello storico-culturale. In Italia le vicende religiose legate al cattolicesimo sono state intrecciate al percorso storico degli accadimenti nazionali dalle origini del cattolicesimo stesso, in modo determinante in diversi periodi del passato. Conoscerle è importante per capire la storia italiana.

2. L’ora alternativa. Lasciare che siano le singole scuole a scegliere tra varie attività che spaziano da musica a un’ora di buco vi sembra un’opzione valida, o trovereste più utile una soluzione unitaria pensata su scala nazionale? Quali vi sembrano le attività più indicate, tra quelle attualmente proposte?

L’attività alternativa presenta diverse criticità. Tra le opportunità offerte c’è spesso lo studio individuale, che sarebbe sicuramente da eliminare: le possibilità dovrebbero essere limitate ad attività formative, sia per una questione di sorveglianza degli studenti, sia per un fattore educativo. Parlare infatti di studio individuale non assistito è un contro-senso in un curricolo scolastico e finisce nella realtà per essere tempo perso per gli studenti. Rispetto alle attività alternative può andar bene una decisione lasciata all’autonomia delle scuole in cui i collegi docenti possono riferirsi a particolari competenze degli insegnanti in
servizio oppure ad attività apprezzate in un preciso contesto (legate alla musica, ad attività artistiche o scientifiche, sempre orientate all’aspetto delle competenze di cittadinanza e/o trasversali).

3. L’insegnamento della religione cattolica è l’unico al quale la classe non partecipa in modo unitario. Che impatto ha questo aspetto sulla formazione dei giovani?
La non partecipazione delle classi in forma unitaria alle lezioni di IRC non rappresenta un problema in un’ottica di curricolo modulare e per classi aperte. Anzi, sarebbe proprio una strutturazione da mettere a sistema quella di immaginare un numero di insegnamenti fondamentali obbligatori ed altri a scelta individuale, disarticolando il concetto di gruppo classe.

4. Secondo la vostra esperienza, sarebbe vantaggioso affiancare all’insegnamento della religione cattolica insegnamenti facoltativi di altre fedi religiose? Oppure trovereste più indicato un insegnamento sostitutivo di IRC e plurale, un insegnamento delle religioni o del fatto religioso? Perché?

La proposta alternativa potrebbe essere quella di insegnare Storia delle religioni, cioè proporre la disciplina in un’ottica pluralista e storica per non creare fraintendimenti con la prevalenza dell’impostazione cattolica e soprattutto allontanando l’idea di un approccio confessionale.

5. In quanto dirigente e presidente di ANP Lazio, quale contributo pensa si possa dare al dibattito?

Rispetto ad eventuali contributi sul tema, lo spazio di dibattito aperto e comune non ha offerto negli ultimi anni spiragli di discussione e di proposte, cosa che sarebbe invece auspicabile, come anche aprire una riflessione sull’inquadramento dei docenti di IRC, che dovrebbero essere equiparati a tutti gli altri docenti.

 

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