Di Lorenza Pamato

Dopo quasi trent’anni dalla revisione del Concordato, che nel 1985 ha reso facoltativa la frequenza dell’ora di religione, sono sempre più numerose le evidenze delle criticità legate a questo insegnamento, come dimostra la continua e progressiva disaffezione degli studenti e delle studentesse italiane. Per quanto si tratti in realtà di un quadro di non semplice definizione – il MIUR infatti non diffonde un report annuale sulla reale consistenza della non adesione all’IRC – le fonti disponibili [1] mostrano come solo nel triennio dal 2018 al 2021 si sia passati da un 12,90% a un 14,07% di alunne e alunni che hanno deciso di non avvalersene, con punte maggiori per l’ultimo segmento scolastico dove si arriva a superare il 20% pur con differenze anche significative sia nei diversi ordini di scuola che tra i diversi indirizzi di studi [2].

Le proposte per riformare il quadro normativo sono varie e partono tutte dal riconoscimento del valore della cultura religiosa per la piena comprensione del nostro patrimonio culturale e della nostra storia: alcune vanno nella direzione di una drastica discontinuità – che dovrà però affrontare il nodo concordatario[3] – come quella recente di Lucetta Scaraffia che vorrebbe ridare alla religione lo status di materia obbligatoria, assegnandone però l’insegnamento a docenti selezionati dallo stato[4], altre di rendere effettivo il diritto per chi non si avvale di poter seguire un insegnamento alternativo. La CM 22 del 21/12/2015 prevede infatti che gli studenti e le studentesse che scelgono di non seguire l’IRC possano, in alternativa, partecipare ad attività didattiche e formative secondo programmi formulati da parte dei collegi docenti5 oppure a percorsi di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente, svolgere libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado), oppure essere esonerati dalla frequenza scolastica in quelle ore. Si tratta, purtroppo, di possibilità che non sempre trovano riscontro effettivo nella programmazione degli istituti, al punto da rendere necessari vari richiami alle scuole per ribadire l’obbligo a organizzare tali attività ed evitare che quelle ore si risolvano in momenti di disimpegno [6].

In questa linea si inserisce la proposta presentata all’inizio del 2022 per la scuola trentina e che riprende una analoga iniziativa della Provincia di Bolzano, dove sarebbero già partiti dei progetti pilota presso alcuni circoli didattici di Bolzano e di Merano[7], progetti che a partire dall’anno scolastico 2023-2024 dovrebbero interessare tutte le scuole della provincia: italiane, tedesche e ladine. Finalità della nuova materia, che diverrebbe l’unica opzione rispetto all’IRC, sarebbe la trasmissione agli studenti ed alle studentesse altoatesine della consapevolezza della propria identità e cultura, della tolleranza e del rispetto per poter sviluppare responsabilità sociale e favorire la convivenza civile.

A Trento è stato Ugo Rossi (Azione) a presentare una mozione analoga che si rifà anche ad esperienze di altri paesi europei, per consentire agli studenti e alle studentesse di acquisire le conoscenze e competenze proprie dell’IRC ‘declinandole in un orizzonte laico e plurale [8]. L’iniziativa nasce, anche qui, per dare una risposta al crescente abbandono dell’IRC[9] e alla necessità di fornire a tutte e tutti ‘gli strumenti concettuali necessari per interpretare i valori etici e culturali in una società in rapido movimento[10]. Nella mozione vengono esplicitati sia i contenuti che dovrebbero far parte della nuova materia che i criteri per individuarne i docenti. Il programma si articola in 3 punti e dovrebbe quindi prevedere: a) la riflessione critica sui valori, sulle norme e sulle istituzioni che disciplinano la vita privata e sociale degli individui, partendo dai problemi che le persone e le istituzioni affrontano quotidianamente; b) la riflessione critica sui problemi etici e bioetici legati al continuo sviluppo tecnico-scientifico nei diversi campi del sapere; c) la riflessione critica sulla struttura e sulla giustificazione dei codici legislativi nazionali e internazionali[11]. Con un ottimismo forse eccessivo, osserva Rossi che i docenti ai quali assegnare questo insegnamento esistono già – dimenticando però che sono assegnati ad altre discipline e si andrebbe incontro a problemi di organico –; il profilo del docente o della docente di etica prevede, nella sua proposta, il possesso di un ‘dottorato di ricerca o di una laurea magistrale in antropologia, storia, scienze religiose, pedagogia e materie affini’ con un ‘numero significativo di crediti formativi universitari nel settore disciplinare M-FIL/03’ [12]; si prevede inoltre la possibilità di istituire dei corsi di aggiornamento per chi non disponesse dei requisiti[13]. È questa, probabilmente, la parte più debole della proposta che pone sullo stesso piano, ai fini della docenza, percorsi formativi assai diversi, quali il dottorato, la laurea magistrale, corsi di aggiornamento, e dai quali non è possibile attendersi profili equiparabili.

Gli atti del Consiglio Provinciale del 20 gennaio 2022, alla conclusione della discussione, registrano un voto favorevole alla mozione; non sono tuttavia ancora seguiti atti attuativi e il sito ufficiale della scuola trentina non riporta traccia della proposta qui presentata.

 

[1] I dati sono stati raccolta dall’UUAR (Unione Atei e Agnostici Razionalistici) e dalla campagna ‘Dati bene comune’ e sono disponibili al seguente indirizzo: https://www.datibenecomune.it/2022/06/09/datibenecomune-e-uaar-ecco-i-dati-ministeriali-sullinsegnamento-della-religione-cattolica e provengono in parte da informazioni richieste al Ministero dell’Istruzione e in parte dal portale Open data (https://dati.istruzione.it/opendata/opendata/catalogo/#Scuola) del Ministero stesso.

[2]Ibidem. Non sono compresi in questa analisi i numeri relativi alle province autonome di Trento e di Bolzano, che hanno due sistemi scolastici provinciali autonomi. Le schede relative alla frequenza di IRC per la provincia di Trento si possono consultare in https://www.vivoscuola.it/Schede-informative/Insegnamento-della-religione-cattolica-a-scuola/Statistiche-e-ricerche. Per quanto riguarda la Provincia di Bolzano, sul sito della diocesi si trovano pubblicati i dati per l’anno 2020-2021, e rivelano una maggiore adesione tra gli alunni e delle alunne delle scuole di lingua ladina e tedesca (rispettivamente con il 97% ed il 92%) rispetto a chi frequenta la scuola italiana (85%), https://www.bz-bx.net/it/formazione/insegnamento-della-religione-cattolica.html

[3] https://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/accordo_indice.html per l’Accordo ed i successivi atti normativi.

[4] La notizia è apparsa sul sito Quotidiano nazionale ed è stata poi rilanciata da https://www.orizzontescuola.it/a-scuola-la-religione-sia-materia-obbligatoria-ma-con-prof-scelti-dallo-stato-e-non-dallautorita-ecclesiastica-la-proposta-di-scaraffia/

[5] Circolare ministeriale n. 316 del 28.10.1987, http://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm316_87.html

[6] TAR del Lazio sentenza 15 novembre 2010, n. 33433; Consiglio di Stato sentenza n. 2749 del 16 marzo 2010.

[7] https://news.provincia.bz.it/it/news/insegnamento-dell-etica-in-alternativa-a-quello-della-religione. I progetti pilota sono annunciati nel comunicato ma in rete non è facile trovarne notizia. La proposta è di Achammer, Philipp (SVP) assessore provinciale all’Istruzione e cultura tedesca.

[8] La mozione è stata presentata il 19 gennaio 2022, per il testo si veda https://www.consiglio.provincia.tn.it/doc/IDAP_1669138.pdf. Per la discussione seguita in aula i riferimenti sono https://www.consiglio.provincia.tn.it/attivita/resoconti-integrali/archivio/Documents/20220119_io_ro.pdf e https://www.consiglio.provincia.tn.it/attivita/resoconti-integrali/archivio/Documents/20220120_io_ro.pdf

[9] In Trentino circa il 19% degli studenti e delle studentesse non frequenta l’ora di IRC. Si tratta però di un dato non paragonabile a quello nazionale dal momento che tale insegnamento è previsto soltanto a partire dalla scuola primaria e non riguarda la scuola d’infanzia, come avviene nel resto del Paese.

[10] https://www.consiglio.provincia.tn.it/doc/IDAP_1669138.pdf

[11] Ibidem

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