A cura di Francesco Carta con la collaborazione della redazione
Il 3 dicembre 2022 abbiamo incontrato Roberto Grèndene, segretario nazionale dell’UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, con cui abbiamo parlato di laicità, insegnamento di religione e ora alternativa.
1. L’UAAR si impegna da anni perché l’Italia sia un paese laico in cui la religione esista solo all’interno della sfera privata delle persone. Quali sono i campi d’azione in cui siete più impegnati in questo momento?
I campi d’azione su cui siamo impegnati sono molti e investono la vita delle persone dall’infanzia fino alla morte, e anche oltre. Partiamo da iniziative che riguardano i bambini, che si vedono imporre un’identità religiosa attraverso il battesimo, e proseguiamo seguendoli quando entrano nella scuola pubblica, che dovrebbe essere laica, ma che ha il grande problema dell’insegnamento della religione cattolica, impartito in conformità alla dottrina della Chiesa da docenti scelti dal vescovo e pagati dallo Stato. Ci impegniamo, ancora, con iniziative che riguardano uomini e donne in età lavorativa, che si trovano a dover versare contributi a enti religiosi, come l’8xmille, o oneri di urbanizzazione secondaria per l’edilizia di culto ed altre tasse che andranno a pagare lo stipendio dei cosiddetti preti in corsia, che il servizio sanitario nazionale retribuisce con lo stipendio da infermiere. Poi proseguiamo seguendo coloro che si trovano a far valere i loro diritti riproduttivi contro gli obiettori presenti nei reparti di ginecologia della sanità pubblica. Li seguiamo poi quando si vogliono unire legalmente, rivendicando una sessualità libera e con pari diritti e un matrimonio egualitario, e, poi, negli ultimi momenti della vita, poiché il diritto all’autodeterminazione è, nel nostro Paese, particolarmente limitato. Arriviamo, infine, alla morte e anche oltre. Siamo un Paese dove i funerali civili possono essere celebrati per personalità di grande rilievo, come Piero Angela, ma quando muore un fruttivendolo, un’impiegata, una persona comune, questo non risulta sempre possibile. Tranne rare eccezioni, infatti, non esistono in Italia delle sale per i funerali civili, nonostante sia un obbligo di legge.
2. Concentriamoci sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Abbiamo l’impressione che ci siano diversi elementi e più sfumature all’interno delle proposte che girano nelle vostre riviste, siti e pagine FB: si va dall’abolizione dell’ora di religione, che dovrebbe proprio scomparire dalla scuola, alla sua trasformazione in un’ora extracurriculare, fino alla sua più o meno tacita accettazione all’interno di un discorso che insiste sul potenziamento dell’ora alternativa. Il rischio, insomma, è quello di fornire un quadro confuso e, a tratti, contraddittorio. Qual è, alla fine, la proposta di riforma dell’UAAR riguardo all’insegnamento della religione nel mondo scolastico italiano?
È vero che ci sono più obiettivi, ma confluiscono tutti verso lo stesso, ovvero quello di avere una scuola pubblica laica dove non venga impartita una dottrina religiosa – come avviene con l’insegnamento della religione cattolica – da parte di insegnanti selezionati dal vescovo attraverso un esame morale della propria vita privata. Sembrano esserci più proposte perché ci sono molteplici danni che l’insegnamento della religione cattolica provoca. Il primo obiettivo dell’UAAR è chiaro e stabilito dal congresso: l’abolizione di IRC così com’è adesso. Nell’attesa che ciò avvenga – e potrebbero volerci decenni – occorre agire. Con che strumenti? Innanzitutto, dando supporto a chi oggi si trova ad affrontare questo problema: primariamente i bambini dai tre fino ai dieci anni – questa la fascia più critica – che per circa due ore a settimana sono separati dal proprio gruppo classe e discriminati in ore della scuola pubblica, che dovrebbe avere come primo obiettivo l’inclusione e l’apertura a tutti. Qui cito l’art. 34 della Costituzione: “la scuola è aperta a tutti”. Non è così vero. È aperta con un’aula, un insegnante, un programma per i bambini i cui genitori hanno scelto un insegnamento dottrinale e religioso. Per gli altri, invece, ci sono il silenzio e l’attesa, che spesso durano mesi. Abbiamo ancora adesso degli insegnanti che devono arrivare per garantire un diritto che è sancito platealmente – anche grazie alle nostre iniziative giuridiche: offrire a chi dice no all’insegnamento religioso delle alternative. Per la fascia d’età 3-10 anni l’alternativa principale è la cosiddetta attività didattica formativa con un insegnante, un programma e un’aula specifici. Questo purtroppo accade davvero rare volte e per combattere tale sistema l’UAAR ha vinto due importantissime battaglie legali a distanza di 10 anni che hanno condannato il Ministero dell’Istruzione e le scuole dove si verificavano le discriminazioni. La prima vittoria risale al 2010, dopo un processo intentato contro una scuola che sosteneva che, non avendo i fondi, poteva sballottare una bambina delle elementari in giro per le altre classi. In quell’occasione sono stati condannati il Ministero e la scuola per discriminazione perché veniva negato il diritto all’istruzione nella scuola pubblica e anche la libertà religiosa, intesa come libertà dalla religione. Nel 2020 abbiamo vinto un’altra battaglia legale al TAR, che ha condannato le circolari ministeriali che davano la possibilità alle scuole di acquisire le scelte rispetto alla religione cattolica all’inizio dell’anno scolastico. Tale scadenza comportava platealmente ritardi immani nell’attuazione delle alternative. Il Ministero è stato condannato e, da due anni a questa parte, la circolare prevede che le scelte vengano effettuate a luglio, tre mesi prima dell’inizio dell’anno scolastico. Nonostante questo anticipo, ottenuto grazie all’UAAR, le discriminazioni continuano.
L’altra leva su cui fare pressione per arrivare all’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica è insistere affinché lo studio delle religioni e delle concezioni del mondo non religioso siano insegnate nelle normali materie obbligatorie: geografia, storia, arte, letteratura, filosofia. Tutte queste discipline dovrebbero prevedere, e in alcuni casi prevedono, anche l’insegnamento di cosa sono state le religioni e importanti approfondimenti sul pensiero di filosofi atei e agnostici. Perché non viene mai detto che nella nostra penisola l’ateismo e l’agnosticismo erano precedenti all’arrivo dell’Islam, del cristianesimo e dell’ebraismo. Esistevano filosofi greci nella Magna Grecia che sostenevano l’inesistenza degli Dei e che già all’ora erano discriminati.
L’ultima leva che si può citare è quella della lotta al clientelismo. È un problema anche nel mondo del lavoro. Abbiamo precari che chiedono di entrare nella scuola e abbiamo 26 000 insegnanti che sono dipendenti dello Stato ma che vengono selezionati dal vescovo. Questa si può definire la più grande forma di clientelismo in Italia. Decide il vescovo, per raccomandazione, di fornire la cosiddetta idoneità diocesana, stilata in base a comportamenti della vita privata del futuro dipendente pubblico, e consegnata allo Stato per far assumere il dipendente nelle scuole statali.
3. Da quello che afferma, abolire l’insegnamento della religione cattolica non vuol dire trascurare alcuni contenuti dell’insegnamento. Il fenomeno religioso, insomma, non è irrilevante ai fini dell’educazione degli studenti. Dovrebbe essere semplicemente insegnato in altre materie…
Certamente. Ai miei figli ho fatto studiare e ho letto passi tratti da testi religiosi. Chiaramente, in particolare nella scuola pubblica, bisognerebbe analizzare i fenomeni che attraversano, e che hanno attraversato la nostra società, con spirito critico. Non insegneremmo mai politica tramite un docente nominato dal funzionario del partito di maggioranza che viene retribuito dallo Stato. Alla stessa maniera, ci dovrebbe insospettire e far gridare allo scandalo un insegnamento di una dottrina religiosa impartito da un emissario del vescovo che lo Stato è tenuto ad assumere per legge. Si tratta di una legge italiana, perché il medesimo Stato ha sottoscritto i Patti Lateranensi, diventati poi accordi di Villa Madama. Sono criteri figli di un’epoca in cui il cattolicesimo era religione di stato e, addirittura, non esisteva l’istruzione pubblica.
4. Abolire l’ora di religione significherebbe, dunque, abolire il Concordato?
Esattamente, e si risparmierebbe su due fronti. Da una parte si toglierebbe il finanziamento pubblico – l’8xmille ecc. – alla Chiesa e, dall’altro, lo Stato conserverebbe, secondo le nostre stime, oltre 1 miliardo di euro per l’IRC. Questo insegnamento porta con sé, peraltro, discriminazioni infantili e tutta una serie di problematiche a livello sociale, che “costano” allo Stato molto più dei 4-5 miliardi che gravano sui contribuenti italiani. Ribadisco il concetto: parliamo di bambini a cui la scuola pubblica dovrebbe insegnare lo spirito critico, e non lo fa.
5. Quali sono le difficoltà e quali i prossimi passi da compiere per raggiungere questo obiettivo?
La società è molto più laica della classe politica che ci rappresenta. Lo dimostrano le inchieste. In Italia ci sono più di 10 milioni di atei e agnostici, il doppio di tutti i fedeli delle confessioni di minoranza messi assieme. Questo dato, però, emerge poco. Il problema risiede soprattutto nella nostra classe politica, che è insensibile a queste tematiche: non solo al numero crescente di non credenti rispetto a quelli che ancora si definiscono cattolici, ma anche, in generale, alla questione della laicità, che è una forte prerogativa dell’UAAR. È vero che il primo scopo dell’associazione è la difesa dei diritti civili dei cittadini atei e agnostici ma il secondo è la laicità dello Stato, che è un diritto di tutti. C’è una minoranza di famiglie di religione cattolica, per esempio, che non accetta l’insegnamento di RC e preferisce l’attività alternativa, perché ritengono che questa sia una scelta laica, di difesa della scuola pubblica. Per la tutela contro le discriminazioni è nato da poco un progetto che raggruppa una serie di insegnanti e genitori all’interno dell’UAAR, il “gruppo scuola”, il cui primo obiettivo è proprio questo: strutturare e garantire dei curricula nazionali che possano dar modo alle scuole, spesso disorientate, di attivare l’insegnamento alternativo alla religione cattolica dal primo giorno di attività. Sottolineo “curriculum nazionale” perché deve essere lo Stato a garantirlo, come è scritto in una raccomandazione, risalente al 2011, del comitato Onu contro le violazioni della convenzione dei diritti dell’infanzia.
6. Come sta procedendo la campagna sull’ora alternativa? Ci può dire i primi riscontri riguardo alle iniziative prese a riguardo?
Il nostro sportello “SOS laicità” risponde quotidianamente a domande e richieste d’aiuto di genitori che non riescono a ottenere dalle scuole un trattamento adeguato
per i loro figli che non frequentano l’ora di religione. Molto spesso non abbiamo i numeri precisi, anche se riceviamo più o meno una ventina di richieste settimanali. Un dato però c’è e ogni tanto lo pubblichiamo nella sezione “buone notizie” del nostro sito. Se il genitore spedisce una diffida, che noi scriviamo gratuitamente, per raccomandata o PEC alla scuola e afferma che vuole vedere i propri diritti rispettati, nel 99% dei casi ottiene i risultati sperati. Come diciamo ironicamente, molto spesso questa diffida fa miracoli, perché alla successiva settimana, o di lì a poco, si manifesta un insegnante che prima non esisteva. Quando c’è bisogno andiamo anche in tribunale. Ma dal 2010, dopo quella vittoria legale di cui abbiamo parlato prima, il Ministero stesso si è espresso in maniera inequivocabile, affermando che l’ora alternativa va garantita attraverso dei fondi già stanziati dal Ministero.
L’anno scorso ha avuto, inoltre, un buon successo l’iniziativa di fornire alle scuole secondarie di primo grado dei kit Lego Spike come strumenti didattici per l’ora alternativa. Anziché bighellonare o esser messi da parte, questi ragazzi hanno avuto un’attività scientifica interessante, educativa e creativa che favoriva il lavoro di gruppo. Quest’anno ci siamo spostati alle scuole primarie e abbiamo fornito dei kit Lego iRobot e Essential, più orientati a un’età 6-10 anni rispetto a quelli Spike. Ci aspettiamo analoghe soddisfazioni rispetto all’anno scorso. Anche se qualche scuola a volte ci ripensa. Cito solo un esempio di “cecità selettiva”: abbiamo avuto un caso in cui ci dicevano: “non avevo capito che i kit fossero destinati solo ai bambini che frequentano l’ora alternativa”. Quasi che fosse una discriminazione dare un supporto a chi è palesemente discriminato. Personalmente mi chiedo se questa scuola garantisca fin dal primo giorno un’aula, un insegnante, un programma, un libro di testo anche ai bambini che frequentano l’attività alternativa. Se lo fa, potrebbero esserci spiragli per una scuola laica concreta, se non lo fa è appunto un esempio di quella cecità selettiva che fa percepire come normale frequentare l’IRC e come una seccatura dover garantire un diritto conclamato all’istruzione e alla libertà religiosa per chi, invece, non vuol subire un insegnamento religioso, dottrinale.
7. Vi siete battuti affinché i dati sui non avvalentesi, cioè su coloro che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, fossero resi pubblici. Ora i dati sono finalmente consultabili. Rispetto a questo argomento quali sono i prossimi obiettivi su cui state lavorando?
È un risultato che abbiamo ottenuto aderendo alla campagna #DatiBeneComune. In maniera incredibile, fino a sei mesi fa, questi dati venivano diffusi solo dai vescovi con conferenze stampa dedicate. Noi pretendevamo che fosse il Ministero a fornirli. Non l’aveva mai fatto e allora abbiamo chiesto un accesso agli atti. Finalmente abbiamo ottenuto quelli relativi agli anni 2018/19, 2019/20, 2020/21, da cui emerge che più di un milione di studenti della scuola pubblica italiana non frequenta l’insegnamento di RC. Si tratta di un dato in crescita. Esistono scuole dove questo fenomeno esplode e altre dove è ancora limitato. Abbiamo un’Italia spaccata in due. Al nord si rileva un numero consistente di non avvalentesi: a Firenze il 38% non frequenta l’ora di religione, a Bologna il 35%, a Trieste il 34%. Il sud-Italia è indietro. Chi sceglie di non frequentare l’ora di religione è visto ancora come un elemento di disturbo. Il nostro impegno attuale è che questi dati non debbano essere acceduti, richiesti e pubblicati dall’UAAR e da #DatiBeneComune, ma siano diffusi ogni anno dal portale della scuola, che, curiosamente, pubblica tutti i dati in formato aperto tranne quelli dell’insegnamento di RC.
Per approfondire:
Sito dell’UAAR: https://www.uaar.it/
Progetto ora alternativa: https://www.uaar.it/uaar/campagne/progetto-ora-alternativa/
I kit di robotica: anno scolastico 2021/22: https://www.uaar.it/uaar/campagne/progetto-ora-alternativa/
Anno scolastico 2022/2023: https://www.uaar.it/kitdidattica/
Dati sui non avvalentesi: https://blog.uaar.it/2022/06/09/datibenecomune-e-uaar-ecco-i-dati-su-irc/
Schermo Intero