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Negli ultimi mesi il dibattito intorno all’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana sta attraversando una nuova stagione di vitalità, soprattutto su impulso di differenti istanze e sensibilità provenienti dal variegato mondo cattolico e da fatti di cronaca che non possono più essere elusi.
Nella sezione monografica del primo numero del 2025 proviamo a riassumere alcuni dei principali interventi, delle sperimentazioni e delle provocazioni che recentemente si sono imposte nel dibattito pubblico.
Invitiamo le lettrici e i lettori a intervenire con proposte, testimonianze e aggiornamenti legati al tema.
Leggi l’intervista al Prof. Marco Dal Corso, teologo, direttore dei master di “dialogo interreligioso” e di “teologia ecumenica” presso il suddetto Istituto, nonché responsabile scientifico del progetto.
A cura di Giovanni Lapis
1) Quali sono state finora le tappe principali di questa proposta di rinnovamento dell’IRC portata avanti dall’Istituto di Studi Ecumenici “San Bernardino”?
Da oltre trent’anni l’Istituto di Studi Ecumenici (ISE) “San Bernardino” di Venezia lavora nel campo della formazione ecumenica e interreligiosa. Più recentemente, la proposta formativa del master di primo livello in dialogo interreligioso (giunta nel 2024-25 alla XIV edizione) indaga i presupposti, i criteri e gli obiettivi del dialogo tra le religioni in chiave sociologica, giuridica, teologica ed anche pedagogica, rispondendo almeno in parte alla richiesta del mondo della scuola, rappresentata da diversi insegnanti di religione che negli anni hanno frequentato e si sono diplomati all’ISE. Raccogliendo poi una richiesta di consulenza da parte del coordinamento degli uffici scuola diocesani del Veneto, l’ISE ha attivato, per l’a.s. 2023-24, una proposta di percorsi sperimentali di didattica in chiave interculturale e interreligiosa realizzati in alcune scuole superiori della regione, seguendo in particolare la formazione degli insegnanti coinvolti. Alla conclusione di tale percorso, si è sentita l’esigenza di promuovere un gruppo di ricerca che, a partire dagli input di questa e altre sperimentazioni, rifletta e proponga una diversa modalità di insegnamento della religione in prospettiva interreligiosa. I presupposti di tale nuovo progetto (novembre 2024-novembre 2025) sono: la consapevolezza di dover andare oltre alla visione culturalista della religione espressa nel Concordato del 1984, la necessità di una prospettiva interculturale ed interreligiosa adeguata al contesto attuale, quella di una necessaria alfabetizzazione capace di attrezzare lo studente al futuro, il contributo a una società della “convivialità delle differenze”. Questi sono anche i principali obiettivi del progetto di ricerca finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) che prevede, tra altre cose, una pubblicazione finale che raccolga le ricerche operate durante il progetto.
2) Motivazioni per questo progetto. Quali sono le criticità della IRC attuale dal punto di vista epistemologico, educativo-didattico, teologico e politico?
La natura confessionale dell’attuale insegnamento della religione a scuola presenta limiti di carattere epistemologico quando interpreta l’alterità culturale e religiosa dentro la propria prospettiva identitaria. Il paradigma che rende conto della riflessione sul tema è, infatti, ancora di tipo inclusivista (riscontrabile nei più diffusi libri di testo) che se da una parte, superando la vecchia impostazione esclusivista, apre al dialogo e al confronto con gli altri mondi spirituali, dall’altra rischia di interpretarli a partire dalle proprie categorie interpretative (per cui, in questo schema, il buddismo è una filosofia e non una religione). Non riesce a tenere conto del carattere irriducibile dell’alterità, che rischia, invece, di venire “ridotta” allo scopo di minimizzare le differenze.
Dal punto di vista educativo-didattico il carattere facoltativo della disciplina, pensato in origine per rispettare le appartenenze e il credo degli studenti e delle loro famiglie, oggi viene interpretato come l’opzione tra un’ora di lezione e un’ora di attività variamente alternativa, come quella di fare gli esercizi per casa. L’alternativa, allora, si riduce tra un’ora in più di scuola e un’ora in meno di scuola. In questo senso, la proposta educativa vive sotto “ricatto”: essa sembra dipendere più dall’iniziativa e capacità didattica e pedagogica dell’insegnante che dallo statuto della disciplina. Ancora una volta la soluzione a problemi strutturali viene consegnata alla iniziativa biografica. Chi ci rimette è la proposta educativa-didattica: anche quando la “soluzione biografica” è adeguata, l’insegnamento della religione viene sminuito come un’opzione tra le altre, senza grande importanza per il curricolo dello studente.
I limiti teologici si possono segnalare fin dalla definizione della materia insegnata a scuola: teologicamente parlando, infatti, non esiste la Religione Cattolica, ma esiste la Religione Cristiana confessata in modo cattolico (o protestante o ortodosso…). Se si insiste sulla dimensione religiosa cristiana, l’insegnamento dovrebbe darsi in prospettiva (almeno) ecumenica perché lo chiede l’identità credente. Altro limite teologico dell’attuale proposta è di non aver assunto il paradigma pluralista che interpreta il pluralismo religioso come “sapiente volontà divina”. Un paradigma, quello pluralista, capace di un giusto equilibrio tra identità e alterità. In teologia si dice: assumere il pluralismo “de iure” e non solo “de facto”, come principio, cioè, per interpretare teologicamente la diversità religiosa.
Infine, i limiti politici dell’attuale proposta si possono individuare nel non saper rispondere adeguatamente all’analfabetismo culturale e religioso diffuso. C’è un costo sociale e politico da pagare per tale analfabetismo. Alfabetizzare alla diversità religiosa, allora, è formare persone capaci di convivenza e non portatrici di intolleranza come finisce per fare l’ignoranza anche in materia di religioni. Ricomprendere se stessi alla presenza dell’altro è un compito insieme educativo e politico: necessario per la vita della polis e per i suoi cittadini.
3) Dal punto di vista ideale, quali cambiamenti dovrebbero essere apportati per fronteggiare le criticità sopra discusse? Da un punto di vista pratico, quali possono essere le strade da intraprendere? Quali di queste strade saranno intraprese dal progetto del vostro Istituto?
I cambiamenti che si possono auspicare sono in ordine alla valorizzazione di un importante patrimonio ecumenico e interreligioso che impegna ad auto-comprendersi in modo nuovo, non come identità concorrenti e contrapposte, prigioniere di una visione tribale delle relazioni tra persone differenti (noi e loro), ma con la capacità di apprezzare la diversità culturale e religiosa, rispettando gli altri e superando i pregiudizi. Ripensare l’insegnamento, cioè, in chiave interreligiosa può aiutare in questo processo di auto-comprensione e di dialogo con l’alterità culturale e religiosa.
Quello che viene chiesto ai docenti sono certo nuove e più approfondite conoscenze in fatto di religioni, ma soprattutto la capacità di valorizzare il pluralismo culturale e religioso come via di pace, come antidoto ai fondamentalismi, come esperienza che prepara al futuro perché impegna a difendere i diritti delle persone, soprattutto le più indifese. I docenti, allora, possono aiutare a rinnovare il concetto di cittadinanza ben oltre l’appartenenza etnica, fondandola sullo statuto di umanità come riconoscono le religioni.
Le ragioni per cui l’ISE ha intrapreso un progetto di ricerca-azione di insegnamento della religione in prospettiva interculturale e interreligiosa sono in sintesi:
– La consapevolezza di vivere in un’epoca post-secolare caratterizzata a fondo dalla diversità culturale e religiosa (ragione storico-sociologica).
– L’affermazione per cui la diversità è descritta come “sapiente volontà divina” come dice il documento di Abu Dhabi (ragione teologica).
– L’esperienza ricordata dalla Scrittura in cui si afferma che Dio si è manifestato “molte volte e in diversi modi” (ragione confessionale).
– La convinzione, a partire da esperienze concrete, che il dialogo fa crescere l’identità umana e credente (ragione pedagogica).
– La consapevolezza che è necessario rinnovare modelli e metodi per il dialogo interreligioso (ragione epistemologica).
– Il confronto e l’apporto con esperienze formative e didattiche consolidate di insegnamento in chiave interculturale e interreligiosa (ragione didattica).
Tali ragioni disegnano anche le possibili strade per il rinnovamento, e prima ancora per il ripensamento dell’insegnamento della religione a scuola. La prospettiva formativa a partire dal pluralismo come principio, la riflessione di carattere biblico ed ecumenico così come il rinnovamento di modelli e metodi per il dialogo interculturale ed interreligioso sono strade già intraprese dall’ISE e sono anche quelle che l’Istituto può continuare a proporre in collaborazione con altre realtà capaci di rispondere anche alle domande di carattere sociologico, pedagogico e didattico.
4) In merito a questa volontà di ripensamento in generale, e al progetto del vostro Istituto in particolare, quali sono state finora le reazioni delle autorità ecclesiastiche (dagli uffici scolastici delle diocesi fino alla CEI)? Quali reazioni vi aspettate, sul breve e lungo periodo, dovessero il progetto e le istanze di rinnovamento andare avanti? Cosa auspicate?
Le reazioni delle autorità ecclesiastiche ad oggi sono quelle di un riconoscimento della competenza dell’ISE in ordine alla formazione ecumenica e interreligiosa, insieme alla consapevolezza che il tema è attuale e necessario. Il coordinamento degli uffici scuola diocesani del Veneto si è impegnato a sostenere le spese dei percorsi sperimentali e a partecipare alla loro ideazione e verifica finale. Rimane ora in attesa di proposte di continuità e insieme critico nei confronti dell’ipotesi di superamento dello statuto confessionale dell’IRC. La CEI ha infine deciso di finanziare il progetto di ricerca e si è resa disponibile a discutere del tema in un prossimo incontro dei vescovi italiani in programma per novembre 2025. Il gruppo è chiamato a redigere un report e idealmente anche si auspica che la pubblicazione prevista per fine anno sia sottoposta alla discussione della CEI. Non ci nascondiamo: esistono delle resistenze a cambiamenti strutturali della proposta di insegnamento ma confidiamo nello sguardo onesto capace di osservare con “parresia” la realtà. Chiediamo alla CEI di saper contribuire all’alfabetizzazione interreligiosa dei futuri cittadini italiani. È una rinuncia a uno spazio di potere, magari, ma è anche e soprattutto un gesto profetico per la convivenza.
5) In merito a questa volontà di ripensamento in generale, e al progetto del San Bernardino in particolare, quali sono state finora le reazioni del mondo accademico – specialmente degli studiosi di religione? Quali reazioni vi aspettate, sul breve e lungo periodo, se il progetto e le istanze di rinnovamento dovessero andare avanti? Cosa auspicate?
Crediamo che il progetto vada pensato e realizzato con il contributo di tanti saperi ed esperienze. In questo senso il gruppo di ricerca è plurale: oltre ad alcuni ricercatori universitari, ci sono alcuni insegnati di religione formatesi all’ISE e sensibili al dialogo, oltre ad alcuni docenti di teologia ecumenica e interreligiosa. La richiesta quindi è quella di una ricerca interdisciplinare, contando anche con la teologia come sapere importante per il rinnovamento dell’insegnamento della religione. Auspichiamo che la ricerca venga valorizzata anche dal punto di vista accademico e che rappresenti un contributo innovativo per l’insegnamento, innescando pratiche virtuose anche in ordine alla formazione al dialogo interreligioso per le quali l’ISE rimane disponibile a mettere a disposizione il proprio know-how maturato in questi anni.
6) Cosa pensate della proposta di Flavio Pajer? Ci sono prospettive di sinergie/collaborazione?
L’autorevolezza e la competenza, guadagnata sul campo, del prof. Pajer depone a favore della recente proposta di “educazione alle religioni abramitiche”. Resta una proposta mediana, che tiene in conto le difficoltà e gli ostacoli per un cambiamento della disciplina in Italia. Anche la riduzione alle sole religioni abramitiche se ha il merito di aprire quello che ad oggi è ancora molto chiuso, paventando un nuovo e necessario statuto della disciplina, non affronta la presenza di altri mondi religiosi altrettanto importanti e vicini. Esiste una “Italia delle religioni” oltre il riferimento abramitico.